Recensione de “Novella del buon vecchio e della bella fanciulla”

Novella del buon vecchio e della bella fanciulla

di

Paola Bianchi

 

Il difficile passaggio alla terza età della nostra vita

 

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E’ piacevole, ogni tanto, rileggere un classico, magari appartenente alla nostra letteratura e, approfondire un autore a volte studiato frettolosamente durante gli anni di scuola o, semplicemente sfiorato attraverso le sue opere più note.

E’ questo il caso, almeno per quanto mi riguarda, di Italo Svevo, di cui recentemente ho letto “La novella del buon vecchio e della bella fanciulla”.

L’opera, pubblicata postuma, ricorda molto “Senilità”, anche se il medesimo tema è qui dipinto con colori più freddi. In appena cinquanta pagine, tra l’altro molto scorrevoli, l’autore accende i riflettori su un problema che, prima o poi, riguarda la maggior parte di noi: la vecchiaia e gli impulsi non sopiti dall’età avanzata.

Il protagonista è appunto un anziano signore, anche se oggi i suoi anni, sessanta, spesso non vengono più associati al tramonto della vita, che cede al desiderio carnale nei confronti di una giovane che potrebbe essere la nipote.

Il racconto breve si sviluppa quindi proprio intorno alle differenze, non solamente di generazione, tra i due personaggi. Dipendente dall’immagine e dall’etichetta il primo, tanto da celare i propri istinti dietro un ruolo di pigmalione, sfrontata, semplice e approfittatrice la seconda, che vede nel suo spasimante un’opportunità di carriera e di crescita sociale.

La storia è un’abile pretesto per trattare, com’è proprio del romanzo psicologico introspettivo, i travagli interiori dell’essere umano. Qui si delineano diversi sentimenti quali l’innamoramento, la pulsione sessuale, il senso di colpa e di sconforto, la cupidigia e l’invidia.

Tuttavia, la novella strappa facilmente un sorriso al lettore. La storia è pervasa dall’ironia dello scrittore e gli atteggiamenti sia di uno, che dell’altro protagonista sono facilmente identificabili ed immaginabili.

Resta un po’ di amaro in bocca scoprendo, prima della fine del racconto, il vecchio morto con la penna in bocca, proprio quando era riuscito a ritrovare un po’ di serenità. Il cambiamento della giovane, più impertinente e viziata, lo aveva infatti spinto ad un profondo esame di coscienza, cui era seguita una catartica accettazione del proprio stato e del proprio ruolo. Agli incontri “romantici”, sfinenti per la sua salute cagionevole, era stata sostituita la passione per il diario e quindi aveva iniziato a riempire risme di carta con le sue memorie e le sue riflessioni.

Inevitabile la riflessione che segue ad una simile lettura. Che ci si rispecchi o meno in uno dei due personaggi, che si approvi o meno il loro comportamento, bisogna riconoscere la loro attualità. Essi potrebbero, infatti, rivivere oggi nella nostra società, perché riguardo l’alternanza dei ruoli, la prosopopea o l’arrivismo, infondo, da allora, poco è cambiato.

 

Italo Svevo

Opere

Dall’Oglio, 1964

Pubblicato da librieemozioni

Romana di nascita, ma cittadina del mondo, Paola Bianchi è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e insegna lingue e materie letterarie, oltre a lavorare come correttrice di bozze e traduttrice. Appassionata di tutto ciò che ruota intorno ai libri ha un proprio blog, www.librieemozioni.altervista.com, che considera un salotto aperto agli amanti della scrittura e della lettura, e ha fondato a Civitavecchia, dove vive, un Club Letterario. Attualmente scrive per il Magazine Caffebook e ha già pubblicato numerosi articoli anche per giornali locali. Il saggio “La Figura del Vampiro dalle origini ai nostri giorni, nelle opere di Anne Rice e Joseph Sheridan Le Fanu” come il romanzo breve “Giochi di luna”, e “Finzione o realtà?” racconto pubblicato in e-book nella raccolta “Raccontami una Storia”, rispecchiano la sua passione per il genere horror, a cui si affiancano anche quello fantasy e thriller.