Un foreign fighter a Palermo
Carlo Barbieri è sicuramente una piacevole scoperta, scrittore palermitano non alle prime armi, già noto per “Pilipintò – Racconti da bagno per siciliani e non”, “La pietra al collo”, “Il morto con la zebiba”, “Il marchio sulle labbra” e “Assassinio alla Targa Florio”.
“La difesa del bufalo” è il suo ultimo romanzo, qui recensito da Libri e Emozioni; un giallo, secondo il genere principale trattato dall’autore, ambientato nella bella Palermo, perla di una terra affascinante e complicata.
La trama è intessuta intorno al progetto di un attentato e alla frenetica corsa per scoprire se avverrà, quando e chi si eleggerà ad agnello sacrificale in nome di una ricompensa eterna.
L’argomento provoca un forte impatto emotivo nel lettore, toccando temi scottanti e sconcertanti come l’ISIS, il terrore dell’ignoto in agguato e il razzismo difficile da negare, soprattutto in questo periodo storico-sociale.
Sebbene quindi il fulcro principale del romanzo sia attuale, quotidianamente presente nelle nostre vite a causa delle terribili vicende di cui troppo spesso i media ci informano e causa di una latente sensazione di paura che ci coglie, nostro malgrado, ogni volta che ci troviamo in un luogo affollato o a un evento pubblico, Carlo Barbieri riesce a rimanere neutrale, facendo scivolare la storia senza prese di posizione, senza pesantezza o polemica. Ipotizza una vicenda purtroppo non così impossibile, e la descrive riuscendo a presentarci tutti i punti di vista, sia quelli delle eventuali vittime, che quelli dei carnefici.
“Passarono davanti alla chiesa di San Nicolò all’Albergheria, e Mancuso pensò a suor Anna e alle tre comboniane che vivevano al secondo piano della bassa palazzina annessa alla parrocchia. Grandi donne, di quelle che fanno la carità campando di minestrine, e dicevano di avere ritrovato la loro Africa a Palermo.”
Incontriamo così il protagonista, Francesco Mancuso, zelante commissario della Omicidi amante del caffè e dei dolci iris, che da un caso di assassinio apparentemente legato a un regolamento di conti di stampo mafioso, si ritrova catapultato in una situazione a lui nuova, sicuramente difficilissima da gestire e molto pericolosa. Non è tuttavia per la sua vita che teme, ma per quella di coloro che lo circondano come Giusi, la fidanzata, i suoi collaboratori, tra i quali Tranchina e tutti quelli che si apprestano a festeggiare in piazza la Santa Patrona durante il famoso e attesissimo Festino del quattordici luglio.
L’attentato di matrice islamica ne “La difesa del bufalo” ci permette di gettare uno sguardo sul mondo spesso sconosciuto o incompreso dei musulmani che vivono in Italia. La superficialità della generalizzazione è sempre in agguato dietro l’angolo dell’ignoranza, ed è facile accusare e puntare il dito senza veramente conoscere.
“Il commissario provò a partire stavolta dall’arabo. Cercò su Google um el sceitan, ma non trovò la traduzione dell’intera frase. (…) Curioso, però, che diavolo in arabo si dicesse sheitan, che somigliava tanto a satana. Il Mediterraneo era davvero un laghetto.”
Il terrorismo, i suoi motivi e le sue tattiche e tecniche sono ovviamente da condannare e contrastare, ma chi uccide in nome di una fede religiosa, poco ha a che fare in realtà con i principi della religione che proclama, come si sforzano di farci capire molti musulmani. Il male sfrutta da sempre la debolezza degli uomini, ingannandoli e manovrandoli, convincendoli di agire nel giusto e per una giusta causa, ma nell’annientamento di un altro essere umano sicuramente non può esserci alcuna giustizia. Si tratta di individui certamente non improvvisati, che sanno perfettamente a chi rivolgersi e come. I giovani kamikaze hanno menti deboli, facilmente assoggettabili, e gradualmente, subdolamente, vengono diretti verso un obiettivo che, in realtà, poco appartiene loro.
Karim, un altro dei protagonisti de “La difesa del bufalo” ne è un perfetto esempio, e ci accompagna in una Palermo parallela, specchio di un’altra Italia in cui vivono persone ai margini, nonostante la loro sete di riscatto, costrette a una vita di stenti e umiliazioni e di sacrifici spesso non riconosciuti. Esseri umani che si adattano, che lavorano come formiche operaie per garantire un pasto ai figli e che possono dimostrarsi integri più di alcuni nostri compaesani.
“Doveva decidere dove e quando. Ma non lo avrebbe fatto subito. Avrebbe aspettato il tramonto per la salat al-maghrib, l’ultima preghiera che avrebbe fatto su questa terra, e avrebbe chiesto a Lui, ad Allah Al Muqtadir, l’Onnipotente, di indicargli lavia. Voleva morire in un modo perfetto.”
Questo è quindi “La difesa del bufalo”, un romanzo scandito da dialoghi in dialetto siciliano, che ci aiutano ad assaporare l’atmosfera degli ambienti descritti, un racconto avvincente da leggere tutto d’un fiato, ma anche una storia che potrebbe essere reale e che, spesso, è davvero accaduta. Carlo Barbieri ci invita a pensare, a comprendere e a scegliere.
Paola Bianchi
LA DIFESA DEL BUFALO
CARLO BARBIERI
DARIO FLACCOVIO EDITORE
GIUGNO 2017
PAG. 208