“Jurassic Park” dal punto di vista di Alessandra De Sortis

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Michael Crichton e Steven Spielberg. Quando eravamo bambini non potevamo saperlo, ma è loro due che dobbiamo ringraziare per i sogni sfrenati che ci hanno regalato. Per le nostre fantasie accompagnate da ruggiti, tremori nella terra, fughe da isole sperdute…insomma, le nostre fantasie sui dinosauri. Sono Crichton e Spielberg che le hanno plasmate, inculcandocele nella testa per non farcele uscire mai più. Il primo con un romanzo fanta-thriller, pubblicato nel 1990; il secondo con l’omonimo film, girato dopo aver acquistato i diritti del libro ancor prima che quest’ultimo fosse presentato al grande pubblico. C’è da dire che il risultato dei due lavori è sensibilmente diverso, il che fa sì che l’uno si configuri come il complementare dell’altro. Il film, come tutti sappiamo, è un prodotto per famiglie, quindi abbastanza scremato sia dalle scene più violente che dalle riflessioni filosofiche e scientifiche relative alla clonazione genetica di animali estinti. Il libro, al contrario, presenta in larga misura queste considerazioni, oltre ad essere decisamente più catastrofico, a tratti una vera strage. Il risultato è che chi non ha visto il film potrebbe forse avere un pizzico di difficoltà in più nel seguire lo svolgimento della storia; parallelamente, però, il libro è molto più completo, è il film in versione 3.0. Emerge in modo molto forte l’ottusità e l’arroganza della scienza, che se scopre di poter ottenere qualcosa la deve mettere in pratica senza se e senza ma, chiedendosi solo come possa applicare quella scoperta e non se sia il caso di farlo. Ci sono molte più avventure e svariate situazioni in più rispetto al film, che comunque, come detto, risulta utile ai fini di una maggiore comprensione del libro. La lettura non è semplicissima, per le prime 150 pagine (su 477) non c’è traccia di dinosauri, quanto piuttosto una spiegazione lunga e completa (molto più che nel film) sul funzionamento della genetica. Anche dopo, a vicissitudini iniziate, lo stile è un po’ tecnico e macchinoso, simile per certi versi a quello di Tolkien. Entrambi gli scrittori, infatti, non mirano all’effetto “wow” ma alla comprensione dei fatti, che comunque fanno scalpore di per sé, nudi e crudi. Quello che rimane, oltre a un senso di tristezza e insieme di sollievo per la sorte di Isla Nublar, l’isola divenuta giurassica, è la consapevolezza che “il passato è passato. Non dobbiamo farci illusioni. Il passato non si ricrea. E’ svanito e non può essere ricreato. Non esiste più. Quello che facciamo è solo tentare di ricostruirlo (Henry Wu, genetista del Jurassic Park). Un libro che arricchisce di nuovi punti di vista, nuove conoscenze e altrettante prospettive, e questo vale tutto lo sforzo investito nella lettura.

Pubblicato da librieemozioni

Romana di nascita, ma cittadina del mondo, Paola Bianchi è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e insegna lingue e materie letterarie, oltre a lavorare come correttrice di bozze e traduttrice. Appassionata di tutto ciò che ruota intorno ai libri ha un proprio blog, www.librieemozioni.altervista.com, che considera un salotto aperto agli amanti della scrittura e della lettura, e ha fondato a Civitavecchia, dove vive, un Club Letterario. Attualmente scrive per il Magazine Caffebook e ha già pubblicato numerosi articoli anche per giornali locali. Il saggio “La Figura del Vampiro dalle origini ai nostri giorni, nelle opere di Anne Rice e Joseph Sheridan Le Fanu” come il romanzo breve “Giochi di luna”, e “Finzione o realtà?” racconto pubblicato in e-book nella raccolta “Raccontami una Storia”, rispecchiano la sua passione per il genere horror, a cui si affiancano anche quello fantasy e thriller.