RECENSIONE DE “Il Libro Segreto di Shakespeare – La più grande cospirazione di tutti i tempi” di John Underwood

di

Paola Bianchi

th

 

Sono sicuramente una persona curiosa quindi, pur avendo ovviamente generi ed argomenti che prediligo, sono disposta a leggere di tutto perché non si sa mai, magari proprio quel libro che ti hanno regalato, ma che mai avresti scelto di comprare, può darti un insegnamento, un’emozione o un semplice sorriso.

Non è questo il caso.

Il Libro Segreto di Shakespeare scritto da John Underwood ed edito dalla Newton Compton nel 2011 è, a mio parere, uno dei romanzi più insulsi che abbia mai avuto il dispiacere di leggere e la cosa peggiore è che l’ho scelto io, allettata dal titolo e dall’ancora più intrigante sottotitolo “La più grande cospirazione di tutti i tempi

Gene Ayres noto, a quanto pare, scrittore, sceneggiatore e critico americano, ha scelto di scrivere questa sua opera celandosi dietro il nome di John Underwood, uno degli attori della compagnia teatrale di cui faceva parte Shakespeare stesso, i King’s Men, forse, chissà, per emulare Prince, che raggiunto il successo amava far uscire dischi firmati con uno pseudonimo per valutare se la gente lo seguisse ancora per notorietà o per bravura. D’altronde chi nella sua vita non ha mai letto un libro di Ayres?….

Il tema generale del romanzo è una sorta di spy-story ambientata nell’Inghilterra dei nostri giorni, in cui l’autore cerca di insinuare nei lettori il dubbio dell’effettiva paternità delle opere di Shakespeare, tramite personaggi poco convincenti e situazioni fantasiose poco verificabili in un’eventuale realtà.

L’avventura inizia ovviamente con una morte degna dei più capillari accertamenti di C.S.I., quella di Desmond Lewis, professore di letteratura inglese, arso vivo all’alba della pubblicazione di un suo libro e prosegue con l’entrata in scena del protagonista, il giornalista Jake Fleming, che avendo incontrato una sola volta il defunto insegnante non può certamente evitare di tuffarsi a capofitto nella frenetica ricerca degli assassini e della motivazione dell’omicidio. La soluzione del mistero della causa della morte del povero Lewis è, tra l’altro subito rivelata: il Bardo di Stratford era un volgare commerciante analfabeta e tutta la sua letteratura è da attribuirsi a Christopher Marlowe.

L’argomento, ne prendo atto, è intrigante e trova riscontri su ricerche effettivamente condotte, ma non siamo certamente ai livelli di “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown. Questa storia appare noiosa, troppo ricca di riferimenti storici e di citazioni tratte dalle opere di Shakespeare, Marlowe e Twain, tanto da farti dubitare di essere impegnato nella lettura di un testo scolastico. La cospirazione ordita per non rivelare al mondo intero il segreto su Shakespeare ad opera di un’altrettanto segreta società di letterati inglesi per evitare lo sgretolarsi del castello di carte costruito intorno al personaggio storico e la perdita dei benefici economici, sembra più il tentativo di nascondere la cattiva gestione di un noto albergo per evitare la perdita dei clienti. Inoltre, difficilmente il lettore può credere e farsi coinvolgere da inseguimenti, agguati e tentativi di omicidio in una Londra in cui se piove e sei fuori dalla pensilina continui a stare in fila bagnandoti fino alle ossa.

Anche i personaggi sono scontati e a volte antipatici. Il protagonista è un povero giornalista, vedovo che non riesce ad avere un normale rapporto con la figlia e col genere femminile in generale….che fantasia da parte dell’autore! Non dico che mi sarei aspettata un tipo alla James Bond, ma quest’uomo depresso e sciatto con l’ulcera e l’alitosi (dato che mangia sempre mentine) fa tanto C.W. Briggs in “La maledizione dello Scorpione di Giada” di Woody Allen! Intorno a lui orbitano inoltre vari personaggi tra cui spiccano due donne: la figlia Melissa, saccente e inconcludente studentessa di teatro aspirante attrice squattrinata, che sciorina citazioni shakesperiane ad ogni occasione come se leggesse i foglietti all’interno dei baci perugina e l’insegnante di letteratura inglese, giovane donna altezzosa con gli occhiali da secchiona, ma la minigonna. Insomma una sorta di Littizzetto e Carfagna agitate non shakerate….

Dopo la comparsa della professoressa, che subito esercita un certo ascendente su Fleming, il quale, si intuisce, da tempo non assaggia il frutto dell’amore e, sicuramente, non per problemi gastrointestinali, ci si aspetterebbe almeno un intenso incontro tra i due, tanto per accelerare il metabolismo addormentato del libro. Invece, l’atto consumato nella squallida stanza di una locanda nella brughiera inglese, accanto a quella della figlia che, confidando erroneamente nelle capacità del genitore, avrà indossato le cuffiette del suo smartphone per ascoltare musica tutta la notte, si esaurisce in due paragrafi. L’autore non riesce a trasmettere emozioni e a coinvolgere il lettore, accennando frettolosamente a ciò che sta accadendo, come se si vergognasse di trattare l’argomento sesso o di descrivere più appassionatamente un atto preannunciato e inevitabile come nella migliore tradizione di Indiana Jones. Precisando che non mi aspettavo ovviamente una performance degna di “50 sfumature di grigio”, il protagonista qui fa proprio una figura meschina….sarà stata l’ansia da prestazione. Mi auguro che in questo caso il personaggio non sia autobiografico….

Alla luce di quanto scritto non mi sento quindi di consigliarvi la lettura di “Il Libro Segreto di Shakespeare”, ma se l’argomento vi interessa e William Shakespeare è tra i vostri autori preferiti, potreste prendere spunto per informarvi a proposito della diatriba che da tempo spinge gli studiosi a chiedersi se il famoso Bardo fosse un genio o un impostore.

 

 

 

 

Pubblicato da librieemozioni

Romana di nascita, ma cittadina del mondo, Paola Bianchi è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e insegna lingue e materie letterarie, oltre a lavorare come correttrice di bozze e traduttrice. Appassionata di tutto ciò che ruota intorno ai libri ha un proprio blog, www.librieemozioni.altervista.com, che considera un salotto aperto agli amanti della scrittura e della lettura, e ha fondato a Civitavecchia, dove vive, un Club Letterario. Attualmente scrive per il Magazine Caffebook e ha già pubblicato numerosi articoli anche per giornali locali. Il saggio “La Figura del Vampiro dalle origini ai nostri giorni, nelle opere di Anne Rice e Joseph Sheridan Le Fanu” come il romanzo breve “Giochi di luna”, e “Finzione o realtà?” racconto pubblicato in e-book nella raccolta “Raccontami una Storia”, rispecchiano la sua passione per il genere horror, a cui si affiancano anche quello fantasy e thriller.