Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioachino Raimondo Belli nacque a Roma il 7 settembre 1791 e morì sempre nella capitale il 21 dicembre 1863.
Il poeta scrisse ben 2279 sonetti romaneschi, testimoni delle ideologie del popolo romano del diciannovesimo secolo.
A causa dell’invasione francese, la sua famiglia si trasferì temporaneamente a Napoli, per poi rientrare a Civitavecchia nel 1800, dove Gaudenzio, il padre del Belli, aveva trovato lavoro al porto.
Nel 1812 entrò nell’Accademia degli Elleni, istituto filo-francese, ma quando in seguito ad una disputa fu fondata l’Accademia Tiberina, il Belli passò nella nuova fondazione che ospitava gli oppositori dell’impero.
La sua florida carriera terminò a causa di un colpo apoplettico. È sepolto nel Cimitero del Verano a Roma.
«Io qui ritraggo le idee di una plebe ignorante, comunque in gran parte concettosa ed arguta, e le ritraggo, dirò, col concorso di un idiotismo continuo, di una favella tutta guasta e corrotta, di una lingua infine non italiana e neppur romana, ma romanesca. » |
(Giuseppe Gioachino Belli, introduzione alla raccolta dei sonetti)
Da un punto di vista letterario, si tratta della produzione più corposa della poesia dialettale italiana dell’Ottocento, e, in termini linguistici, si tratta di un documento di inestimabile valore sulle mille possibili articolazioni del romanesco, di cui isola un tipo oramai classico, mentre il tempo trascorso ha provveduto a farlo evolvere. I sonetti spesso richiamano i proverbi. |